Un referendum a democraticita’ limitata

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Domenica prossima il popolo ellenico sara’ chiamato alle urne per accettare o meno il piano dei creditori. Da piu’ parti si sta esaltando il carattere democratico della possibilita’ dei greci di poter finalmente mostrare il dito medio alle istituzioni finanziarie internazionali. Questa esaltazione nasce da una visione ristretta della democrazia che considera il voto come condizione unica e necessaria per avere una democrazia, senza considerare il contesto e il processo che porta al voto.
Come gia’ evidenziato da Sartori nel suo “Homo Videns”, il risultato di qualsiasi tornata elettorale e’ si l’espressione della volonta’ popolare, ma quello che conta veramente per valutare la democracita’ di un voto e’ come questa volonta’ si e’ formata.
Si puo’ considerare democratico un voto dove la gente si reca alle urne con il terrore di vedere i propri risparmi sparire dopo una settimana passata a fare la fila ai bancomat? Possiamo ritenere democratico un referendum organizzato in fretta e furia con una settimana appena di campagna elettorale senza una vera e propria discussione? Che senso ha un voto dove nessuno sa con certezza cosa accadra’ alla Grecia in caso i No vincano?
La verita’ e’ che questo rerendum risponde piu’ a logiche di potere che a principi democratici. E’ la “exit strategy” di Tsipras dopo non essere stato in grado di conciliare le sue promesse elettorali con le richieste dei creditori. Una vittoria dei No significhere portare la Grecia al default (con tutto quello che ne consegue nel breve periodo) senza poter addossare colpe al governo che ha semplicemente eseguito la volonta’ popolare. In caso di vittoria del Si, il governo sarebbe costretto alle dimissioni lasciando ad altri il duro compito di implementare le dure ricette per accontentare i creditori, permettendo a Syriza di mantenere il consenso dall’opposizione. Anche se rimanesse al governo, Syriza giustificherebbe il cambio di programma come scelta obbligata per rispetto della volonta’ popolare cosi come uscita delle urne.
In questo blog abbiamo visto con favore la vittoria di Tsipras, sottolineando come questa vittoria avrebbe avuto senso solo come catalizzatore delle forze di sinistra europee. Si e’ sottolineato anche come la Grecia non ce l’avrebbe fatta da sola. Purtroppo non solo la Grecia non e’ riuscita a diventare la scintilla per un cambiamento dell’ideologia economica dominante in Europa ma e’ diventata l’occasione per mandare un messaggio minaccioso agli altri paesi in difficolta’: si punisce Atene per avvertire gli elettori nel caso gli venga in mente di votare tutte le forze politiche anti Euro, da M5S a Podemos.
L’incapacita’ di trovare un accordo sul debito greco non e’ solo il fallimento dell’estrema sinistra greca ma della politica in Europa, incapace di fornire un’alternativa valida alle politiche dominanti.
La classe politica europea e’ palesemente priva di un progetto politico, riducendo la politica e il ruolo dello stato a semplice regolamentatore, lasciando ai mercati il compito di costruire il nostro futuro. La Grecia sara’  un altra occassione persa per cambiare non solo l’Europa o la gestione dell’economia ma soprattutto per mettere un argine al populismo crescente. La miope politica di punire la Grecia per educare il resto degli europei rafforzera’ semplicemente il sentimento e la visione di un’ Europa che tiene prigioniera i propri popoli. Come gia’ evidenziato in precedenza, a rischio non e’ soltanto l’Euro o il progetto di un’Europa piu’ coesa ma soprattutto la stessa democrazia come la conosciamo oggi, in un momento dove tante forze politiche sovrappongono democrazia, Europa ed Euro in un unico obbiettivo. Per questo motivo, la Grecia non e’ soltanto una mattonella di un domino economico ma anche politico. Qualunque sia il risultato del refendum,  avremo una Grecia attraversata da un senso di umiliazione, di rivalsa nei confronti dell’Europa e di risentimento verso la classe politica che ha svenduto il paese. Una miscela esplosiva, pronta ad alimentare un nazionalismo esasperato che minacerebbe la democrazia greca. Ironia della storia, il tutto nel paese dove la democrazia e’ nata con l’aiuto della forma piu’ alta di democrazia: un referendum.

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