Archive | January 2018

L’uso privato della politica

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La democrazia e i diritti civili sono nati grazie all’affermazione dell’individuo ma le politiche neoliberiste insieme al consumismo hanno snaturato l’individualismo e con  esso anche la maniera con cui la politica viene vissuta dai suoi attori. Come magistralmente esposto da Popper, l’individualismo non va confuso con egoismo in quanto sono due concetti distinti e la presenza di uno non nega l’altro. Per confermare questo concetto, Popper continua argomentando che l’opposto di individualismo é collettivismo e non egoismo che é l’opposto di altruismo. Una persona dunque può essere individualista ma altruista allo stesso tempo. La democrazia viene vissuta in maniera individuale attraverso il voto e il godimento dei diritti civili e politici ma allo stesso tempo ha anche una dimensione altruista attraverso la partecipazione alla vita politica. Questa partecipazione infatti é condivisa con altre persone con una finalitá comune mirata a migliorare la vita di tutti coloro ( o gran parte) che fanno parte del gruppo di appartenenza a cui la politica é indirizzata.

La democrazia é un sistema di governo dove la sovranità é esercitata collettivamente da tutti  attraverso la partecipazione politica del singolo.  Nessun sistema democratico puó sopravvivere se i suoi cittadini non avessero il senso di responsabilitá nei confronti del resto della comunitá. Il voto dovrebbe essere la traduzione pratica di ció che l’individuo pensa sia giusto per la propria comunitá. Il voto é un atto individuale carico peró di una responsabilitá nei confronti della collettivitá.

Separare l’individualismo dall’altruismo lasciandolo agli istinti egoistici mina la stabilitá democratica e ne cambia la natura. Una societá democratica non puó funzionare se gli individui sono mossi solamente dal proprio utile egoistico perché non saranno in grado di collaborare per risolvere i problemi comuni. Le democrazia impone la convivenza politica dei propri cittadini che sono costretti a comporre le proprie differenze attraverso il compromesso continuo. Tutti gli attori all’interno di una democrazia sono obbligati a trovare un via di mezzo tra i propri interessi e quelli della collettivitá e non possono spingere all’infinito le proprie istanze senza il rischio di compromettere il sistema che obbliga alla mediazione permettendo la loro coabitazione piú o meno pacifica.

Il voto é anche e resterá sempre una maniera per raggiungere e difendere i propri interessi ma richiede sempre una visione d’insieme(o per lo meno legato ad un gruppo di appartenenza).  Il voto verso un partito, movimento o uomo politico é motivato non solo da fini pratici  che una volta raggiunti mogliorano la vita dell’individuo (riduzione delle tasse, piú sicurezza)ma anche da una certa idea di paese, economia e societá che il politico o forza politica rappresenta. I partiti (anche quando rappresentavano gli interessi di un gruppo specifico) sono costretti a trovare un compromesso tra le diverse istanze e dare una visione d’insieme in maniera da raccogliere voti da piú parti. La stessa partecipazione politica obbliga a diluire l”io” in “noi” in quanto  viene fatta da individui che condividono spazio e tempo per portare avanti le loro battaglie. Le battaglie politiche diventano importanti quando un gruppo numeroso di persone riesce a limare le proprie differenze trovandosi d’accordo su una linea comune che vada bene per tutti.

In questo senso possiamo dire che il gioco democratico si sviluppa intorno due dimensioni, una individuale e l’altra collettiva. Una chiave di lettura per comprendere l’attuale crisi democratica é  l’incapacitá di gestire queste due dimensioni in maniera equilibrata. Sulla dimensione collettiva e la sua crisi si é scritto e parlato tanto. Per esempio Bauman sottolineava come il liberismo abbia portato ad un’atomizzazione della vita delle persone costrette a trovare soluzioni individuali a problemi collettivi. Il ritiro dello stato sociale, l’egemonia dell’economia sulla politica, e la crisi di tutti i corpi sociali intermedi (dai partiti ai sindacati) non permettono di gestire al meglio quella dimensione collettiva che man mano si riduce ripiegando la politica a sola dimensione individuale. La dimensione di gruppo ha perso terreno non solo a causa dela perdita d’importanza e di potere di qualsiasi cosa che si propone di gestire il pubblico ma anche nella maniera con cui le persone si pongono davanti ad altri individui e al resto della societá. Il consumismo con la sua logica dell’appagamento immediato ha effettuato un cambiamento culturale radicale rendendo le nostre societá piú egoiste. Secondo questa logica, nel mondo moderno tutto ha un senso solo e soltanto se puó servire a soddisfare un bisogno personale prima possibile. Il modo con cui la politica viene vissuta individualmente é fatto in una maniera tale da appagare un bisogno individuale perdendo la sua dimensione altruistica. Il voto (o piú in generale come la politica viene vissuta) viene liberato dalla responsabilitá verso la collettivitá ripiegando tutto sull’individuo che finisce per fare un uso privato della politica.

Per uso privato della politica non si intende l’uso di essa per arricchirsi o per raggiungere qualsiasi altro obbiettivo, piú o meno materiale, a danno di altri usando il voto per arrivare a posizioni di potere. Per uso privato della politica intendiamo la maniera in cui la politica é usata per soddisfare bisogni individuali che vengono appagati semplicemente attraverso la maniera con cui il voto viene utilizzato o semplicemente pensato. La versione  piú evidente e rozza di quest’uso é il voto di scambio ovvero il voto in cambio di soldi o la semplice promessa di un posto di lavoro o di una licenza. Il voto di scambio é l’esempio piú lampante di come una persona utilizzi il proprio voto non curandosi della sua responsabilitá nei confronti della collettivitá, riducendo tutto a dimensione individuale. Con la crisi nelle istituzioni e la sfiducia nella politica (dimensione collettiva), il voto di scambio diventa sempre piú comune. Se il voto di scambio ha di solito riguardato una parte limitata (si spera) dell’elettorato, ci sono altre maniere con cui la politica é usata in maniera privata senza che ci sia uno scambio o una promessa di scambio da parte del politico di turno.

Per molti il voto e la politica sono diventati una maniera per scaricare le proprie frustrazioni. Viviamo in una societá fortemente competitiva dove il valore del singolo dipende dalla posizione sociale e dalla professione svolta. Il marketing ci impone modelli irraggiungibili aumentando il senso di insoddisfazione. La politica diventa una maniera per trovare un capro espiatorio per giustificare le proprie difficoltá incolpando i politici, gli immigrati, i sindacati e cosi via. Non importa se questo sia vero o quanta riflessione é stata fatta dietro queste considerazioni. Votare chi é contro la politica o gli immigrati serve ad alleviare il senso di colpa e trovare una giustificazione ai propri fallimenti personali davanti a degli obbiettivi scelti da altri . Si vota non tanto per un progetto ma per sentirsi meglio. Il voto non é un mezzo per costruire un qualcosa per tutti ma un mezzo per soddisfare un bisogno particolare dell’individuo.

Sempre Bauman ha evidenziato come la nostra epoca sia dominata dal senso della paura: nonostante viviamo in una delle epoca piú sicure, ci sentiamo minacciati. Il terrorismo e la criminalitá sembrano essere presenti in ogni strada pronti a tagliare le nostre gole. Anche in questo caso la politica viene in aiuto senza risolvere il problema. Votare quel politico che promette di mettere tutti in galera, di erigere muri o di dare pene piú severe serve a farci sentire piú tranqulli. Non importa perdere tempo per discutere o riflettere se le ricette proposte servano veramente a rendere le nostre strade piú sicure. Quello che conta é che dare il proprio sostegno a quel politico ci faccia sentire piú sicuri ora. Non si vota quel politico perché risolve il problemma della sicurezza, si vota il politico perché ci da un sollievo immediato alle nostre insicurezze. Il soddisfacimento immediato del senso privato d’insicurezza diventa piú importante di un’effettiva soluzione del problema che valga per tutti.

Si parla di rivolta contro le elite soprattutto culturali. Il successo di politici apparentemente poco sofisticati da un punto di vista culturale non é un caso. Il sostegno al politico che si scaglia contro gli intelettuali ha un fine privato anche in questo caso: permette di dirsi che la cultura non é cosi importante per non sentirsi a disagio. Per altri ancora la politica e il voto vengono usati per darsi un’identitá o sentirsi parte di un gruppo. La politica viene usata per rompere la propria solitudine o il prioprio malessere individuale. Il sentirsi parte di una corrente di pensiero serve a farsi sentire accettati. I politici devono sempre mostrare sondaggi che li danno vincenti alle prossime elezioni perche tanti tendono ad accodarsi al partito che probabilemte vincerá le elezioni in maniera da sentirsi vincenti, fenomeno conosciuto in psicologia con l’espressione “basking in reflected glory”

Di esempi se ne potrennero probabilmente farne tanti altri ma quello che deve essere sottolineato é che tutte queste maniere di vivere la politica hanno in comune un uso egoistico, riducendo l’importanza della collettivitá e le conseguenze su di essa. Il voto e la politica non vengono piú usati per  cambiare il presente ma hanno una visione di corto raggio. Non c’é piú una visione o degli obbiettivi comuni da raggiungere ma solo bisogni individuali da soddisfare il prima possibile. Il voto e la politica diventano una merce come altre che hanno valore solo e soltanto se hanno una funzione per l’individuo che li usa. Se per politica s’intende l’arte di governare le societá, come possono queste essere governate se i singoli individui usano la politica non per governare la societá ma per soddisfare solamente i propri bisogni personali? L’uso privato della politica é l’altra faccia della medaglia della spoliticizzazione delle masse. Se da un lato gran parte degli individui perde interesse nei confronti della politica, per altri la politica ha solo un fine personale. Qualunque sia il risvolto della medaglia, il risultato finale é lo stesso: riduzione della dimensione di gruppo o collettiva. Con individui poco interessati al destino del proprio insieme, la gestione di esso verrá lasciato al mercato o ha chi ha la forza di prenderselo in quanto non ci sará nessuno a far guardia, troppo occupati a curarsi del proprio destino personale.

 

Rosatellum

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Il Rosatellum é una legge elettorale miope che pensa solo a risolvere il problema politico principale per molte delle forze politiche all’interno del parlamento: limitare il M5S. La legge é stata fatta in maniera per sfruttare al meglio le debolezze del movimento grillino.

La prima debolezza é autoprodotta dal M5S, la loro testardaggine a rifiutare qualsiasi forma di collaborazione con le altre forze politiche. Con un sistema tripolare, nessuna forza politica vincerá il voto popolare conquistando la maggioranza nel parlamento. Questo significa che il prossimo governo nascerá dopo il voto sulla base di accordi politici tra forze politiche concorrenti, qualcosa che il M5S non é disposto a fare a meno di sancire la propria fine in quanto il suo consenso e basato sulla percezione di essere “antistema”. Alla fine questo fa anche comodo al movimento nel breve periodo (non hanno una classe dirigente che possa governare) e nel lungo periodo (lasciare che i partiti di governo si facciano consumare dalla crisi aspettando il momento opportuno per raccogliere i frutti).

La seconda debolezza é alla base di uno dei meccenismo all’interno di questa legge. Non c’é il voto disgiunto ma il voto viene espresso in un’unica scheda. Una volta scelto il candidato del colleggio maggioritario, l’elettore puó scegliere nella parte proporzionale solo una delle liste che appoggioano quel candidato. In questa maniera il M5S si trova svantaggiato in quanto hanno poche persone di profilo e radicate nel territorio che permettono di raccogliere voti quando messi in competizione con persone piú conosciute con una lunga stroria politica alle spalle (sindaci, consiglieri regionali, assesori etc). Con il M5S che sceglie i propri candidati attraverso primarie con scarsa partecipazione, si finisce per candidare perfetti sconosciuti.

Non so se la cosa sia costituzionale, in quanto la libertá dell’elettore vine in qualche modo limitata. Il problema principale e che si continua a cambiare legge elettorale non permettendo al sistema politica di adattarsi. Questo fa comodo a tutte le foraze politiche che si riservono il diritto di cambiare la legge lelettorale a loro piacimento una volta al potere. La legge elettorale non diventa al disopra della lotta politica come negli altri paesi, ma un mezzo con cui fare politica.

Contro l’ottimismo

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La visione positiva del futuro e’ uno degli elementi vincenti che ha consentito all’occidente di imporsi da un punto di vista culturale ed economico. Come illustrato dal professor Galimberti, quest’ottimismo deriva dalla cultura cristiana alla base dell’occidente. I greci avevano una visione ciclica del tempo che é stata soppiantata da una visione lineare conforma alla teologia cristiana, dove il passato é peccato, il presente redenzione e il futuro é salvezza. Il futuro ha sempre una valenza positiva per un cristiano perche’ “siamo nelle mani di Dio” che per definizione é magnanimo. Se questa fiducia incrollabile nel futuro ci ha permesso un certo progresso, oggi quest’ottimismo costituisce un serio pericolo quando le  tante forze (mai state cosi forti in passato)che modellano le nostre vite sono lasciate senza controllo nel nome della fiducia di un futuro sempre roseo. Dovremmo ormai considerare l’ottimismo forzato e autoconsolatorio come una minaccia al genere umano.

La fiducia che tutto andrá sempre bene é una pericolosa illusione. Viviamo in una specie di epoca di Icaro,  una societá che pensa di essere senza limiti destinata comunque a fare i conti con il sole della realtá prima o poi. Il riscaldamento globale é  l’esempio forse piú lampante. Se  la catastrofe ambientale non viene seriamente presa in considerazione  é anche perché incosciamente riteniamo che tutto si risolverá in una maniera o nell’altra. Una visione preoccupata dell’avvenire ci obbligherebbe ad avere un’atteggiamento  diverso nei confronti del nostro futuro da un punto di vista ambientale e probabilmente avremmo giá preso delle misure piú incisive per contrastare il deterioramento del nostro pianeta. Anche in economia l’ottimismo é illusorio oltre ad essere dannoso. Che senso ha da un punto di vista economico essere ottimisti e pensare che in un mondo finito da un punto di vista delle risorse la crescita possa essere illimitata? Alla base della crisi del 2008 non vi era forse la convinzione ottimistica che i mercati sarebbero cresciuti all’infinito? Come guardare l’attuale momento di crescita delle borse completamente scollegato dall’andamento dell’economia? Tra un investitore e uno scomettitore non c’é nessuna differenza al giorno d’oggi: entrambi pensano che sia il loro momento fortunato.

L’ottimismo  autoimposto é anche uno dei meccanismi con cui oggi il potere preserva se stesso. Il capitalismo ha bisogno di agenti che abbiano fiducia nel futuro affinché comprino, magari a debito. Debito possibile solo se ci sono attori che concedono quel credito perché sicuri che venga restituito con gli interessi. Creditori e debitori mossi dalla fiducia cieca del futuro costruiscono giganteschi castelli nelle nuvole destinati a crollare al minimo mancamento di quella fiducia, come la crisi dei subprime ha giá mostrato negli anni scorsi. L’ottimismo serve alle classi dirigenti per evitare che il resto si renda conto della propria posizione di precarietá e si ribelli.  L’ottimismo infatti previene la formazione di un minimo di solidarieta’ tra le persone: “se c’é gente senza casa o senza lavoro e colpa loro e non del sistema che permette a tutti di avere delle possibilitá”. “Anche se oggi sono precario, mal pagato e arrivo a stento a fine mese, sono sicuro che le cose miglioreranno se m’impegno”.

L’ottimismo é una droga che condanna alla passivitá, acquietando quella rabbia necessaria al cambiamento. Questo non significa che bisogna avere pensieri negativi, rassegnarsi al peggio o condannarsi all’infelicitá come se questa fosse un sinonimo di pessimismo. Non essere ottimisti ad ogni costo significa prendere coscienza che la realtá non é la diretta conseguenza della propriá volontá. Essere pessimisti significa rendersi conto che il futuro si costruisce partendo da un’analisi onesta del presente e non truccando il futuro con la proiezione dei propri desideri. Si deve lavorare per un futuro migliore partendo dal presente senza ignorare ció che di negativo la realtá ci presenta o dare per scontato che tanto tutto magicamente si aggiusta. Un fine positivo non é un elemento intrinseco delle cose e dovremmo lavorare per costruire il futuro e non subirlo perche’ convinti che questo non abbia bisogno del nostro intervento per essere soddisfacente.

L’augurio migliore che si possa fare all’Italia per questa campagna elettorale é che questa sia dominata da un pessimismo ragionato che porti a prendere coscienza della propria condizione e pensare a come uscirne. Invece ho paura che sará la solita rassegna di sogni e del tanto “siamo italiani e ne usciremo fuori”: basta chiudere le frontiere, mettere al potere gente nuova o zittire i gufi. Monicelli aveva ragione nel definire la speranza una trapppola, una brutta parola da eliminare.