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Il fascismo sta per tornare?

neonazinovembre

 

Sembra strano e in qualche maniera deprimente rendersi conto che uno dei temi della campagna elettorale sia il fascismo e se questo stia per tornare. Anche “The Guardian” dedica un articolo sull’argomento a seguito dell’atto terroristico (è terrorismo anche quando l’attentatore parla italiano) avvenuto a Macerata. Anche qui ci poniamo la stessa domanda e proviamo a dare una risposta: il fascismo sta per tornare?

Prima di rispondere a questa domanda dobbiamo definire cosa sia il fascismo. A differenza del Marxismo, il fascismo non ha un bagaglio ideologico ben definito, rimanendo fluido e spesso difficile da inquadrare. Il fascismo non ha un ideale preciso di società o di economia da costruire ma si materializza piuttosto come la risposta delle classi medie ai problemi di un’epoca che presenta pericoli e difficoltà per il benessere di questa classe. Siccome le difficoltà e i problemi sono specifici per ogni epoca, il fascismo assume forme diverse a seconda delle epoche e dei paesi. Per semplificare possiamo dire che abbiamo da una parte il “Fascismo storico” e dall’altra quello definito da Umberto Eco con l’espressione “fascismo eterno”. Il fascismo storico è l’abito che il fascismo indossa a seconda dei momenti storici, mentre il fascismo eterno è l’essenza di questo pensiero ovvero i tratti comuni che esso ha, non importa l’epoca o il paese in cui si manifesta. A seconda di cosa noi facciamo riferimento, la risposta alla domanda se il fascismo stia per tornare cambia e soprattutto pone questioni e risposte diverse su come affrontarlo.

Il dibattito attuale sembra incentrato soprattutto sul fascismo storico e piú precisamente sull’abito indossato dal fascismo nel ventennio mussoliniano. Il dibattito si svolge essenzialmente sui meriti e i demeriti di quel regime come se la bontà di un regime dipendesse solo dalle cose fatte e non da fattori altrettanto importanti come il rapporto tra stato e cittadini, la paura, la possibilità di vivere la vita che si vuole e altre considerazioni non riconducibili a una semplice lista di cose fatte. D’altronde nessun regime può sopravvivere ponendosi apertamente contro il proprio popolo. Tutti i regimi hanno la necessità di fare qualcosa che possa essere sfruttato dalla propria macchina propagandistica per costruire il consenso. La persistenza del dibattito sul ventennio deriva dal fatto che il nostro paese non ha mai fatto i conti con il proprio passato, preferendo nascondersi dietro la formuletta “degli Italiani brava gente”  ignorando i crimini commessi dal quel regime. Invece di affrontare collettivamente avvenimenti storici come Domenikon o Debra Libanos abbiamo preferito insabbiare tutto o, in maniera meno metaforica, nascondere tutto in un armadio e girarlo contro un muro. Il non aver fatto i conti con il proprio passato in maniera definitiva significa stare a discutere sui meriti e demeriti di un periodo storico lontanissimo. Lontanissimo non tanto nel numero degli anni, ma soprattutto per la trasformazione che il nostro paese ha avuto in questi decenni. Trasformazioni di natura economica, sociale e culturale. Per questa differenza abissale tra l’Italia di oggi e l’Italia del secondo decennio del secolo scorso, alla domanda se il fascismo stia tornando, la riposta non puó che essere negativa al momento. Partendo dal concetto di fascismo storico, non credo (almeno spero) ci sia una marcia su Roma dietro l’angolo o un uomo forte con un seguito numeroso capace di impadronirsi del potere e instaurare una dittatura attraverso il trasferimento del potere da organi statali a organi di partito. Se partiamo dal ventennio fascista, il dibattito sarebbe abbastanza marginale e riguarderebbe solo quelle forze come Forza Nuova o Casapound. Nonostante la presenza di dichiarazioni ambigue (si ma anche fatto cose bene) o politici che strizzano l’occhio (l’antifascismo non mi compete), la societá italiana nella sua stragrande maggioranza, nonostante tutto, non penso guardi a un regime del secolo scorso per risolvere i problemi di oggi. Viviamo in un’epoca postmoderna dove la societá civile é composta da una miriadi  di organizzazioni e gruppi che rendono difficile ingabbiare in una struttura rigida. Internet ha permesso di ridurre il potenziale propagandistico dei mass media rendendo piú difficile imporre un messaggio unico. Inoltre i valori democratici sembrano condivisi (anche se in apparente ritirata) dalla maggioranza. Usando la metafora del vestito usato in precedenza, difficilmente quel vestito che poteva andare  bene poco meno di 100 anni fa possa essere riutilizzato o possa apparire interessante ad una societá edonistica e fortemente individualista. Solo persone in cerca d’identitá, ribelli in cerca di una causa o di un’interpretazione della realtà pronta ad essere utilizzata possa pensare seriamente al ritorno del fascismo delle camicie nere. Come spiegato nel precedente articolo, coloro che mostrano simpatie nei confronti del fascismo intendono prima di tutto mostrare la loro disaffezione nei confronti della democrazia accusata di averli lasciati indietro. Il fascismo (idealizzato in una forma edulcorata) diventa un’opzione di facile comprensione: basta con la democrazia con i suoi inutili riti, per risolvere tutto abbiamo bisogno di un altro “Lui”. Queste persone non son realmente fascisti, ma hanno individuato nella democrazia il capro espiatorio dei loro problemi o usano l’idea di fascismo per relazionarsi alla realtà dandosi un ruolo.

Diverso il discorso sul “fascismo eterno” (o Ur fascismo) ovvero sull’essenza del fascismo. Umberto Eco aveva individuato 10 segnali di allarme: dal maschilismo al culto del capo, dalla ricerca di un colpevole all’importanza data alle tradizioni etc. Una chiave di lettura del fascismo è considerarlo come “l’ideologia” delle classi medie in difficoltá. Come affermato da Bauman,  la classe media ha la necessitá di affermarsi continuamente. Da una parte coltivano un risentimento nei confronti delle classi superiori, dall’altra parte la paura di perdere il loro ruolo e venire riassorbiti dalle classi popolari.  Per classi medie non intendiamo solo i liberi professionisti, ma anche una buona parte della classe operaia, soprattutto specializzata, che riusciva a condurre una vita più o meno agiata (o per lo meno poteva almeno sperare in un futuro migliore per i propri figli mandandoli all’universitá). Basti pensare agli operai della “rust belt “americana che sentendosi minacciati e traditi dalla modernitá hanno votato Trump. Viviamo in un’epoca liquida senza punti di riferimento con un futuro che porta incertezza. Le istituzioni democratiche sembrano lontane, addirittura viste come la causa dei problemi o nel migliore dei casi incapaci di risolverli. Le persone lasciate sole a risolvere problemi collettivi si trovano costrette ad affrontare la paura di essere liberi e il senso di responsabilità che viene con esso. La fine delle ideologie e il calo del senso religioso hanno lasciato una massa di persone senza punti di riferimenti a galleggiare nel nichilismo. In questa situazione di precarietà e paura, tutto quello che viene percepito come nuovo o diverso costituisce una minaccia. In questa maniera Il fascismo si pone come la realizzazione del sogno di Platone di congelare il presente opponendosi alla modernità e ai suoi cambiamenti visti come “corruzione” di un ordine sociale a cui si era capaci di relazionarsi e permetteva di trovare una dimensione vuota di minacce. Corruzione e cambiamenti che minano soprattutto l’ordine che permetteva alle classi medie di svolgere un ruolo importante e gratificante . Da qui la necessità della ricerca di qualcosa di fermo: la tradizione, l’identità nazionale, il desiderio di tornare ad un’epoca felice (gli anni 60 o 80), la ricerca di un leader o la necessità di conformarsi a quello che appare la volontà popolare. Questi elementi possono essere usati per creare il vestito che il fascismo indosserà in questo secolo. Un vestito diverso da quello sperimentato finora ma che avrà gli stessi risultati in termini di riduzione di diritti, muovendo le nostre società verso un ideale meno aperto. Il problema è che non sapremo la forma di questo vestito fino a quando ci renderemo conto del profondo cambiamento dei nostri valori ritrovandoci in un modello politico dove gli individui tornano ad essere portatori di un senso solo e soltanto se conformi e parti di un’entità più grande. Il nuovo vestito potrebbe mantenere in vita la democrazia formale ma svuotandola dall’interno riducendo gli spazi di libertà e i diritti. Svuotamento che si concretizzerebbe in  una modifica della costituzione facendo passare il nostro paese da una repubblica parlamentare a un premierato più che forte limitando lo spazio di manovra delle opposizioni e il ruolo del parlamento in maniera ancora piú marcata di oggi. Cambiamento che si potrebbe manifestare anche nella maniera in cui permetteremo alla tecnologia di controllare quello che facciamo o sui limiti o meno dell’uso dei dati personali raccolti attraverso i dispositivi che stanno invadendo le nostre vite. Da questo punto di vista il fascismo storico del nostro secolo potrebbe materializzarsi in un atteggiamento molto permissivo nei confronti di stato e big corporation nell’uso di queste informazioni e nel controllo che da esso deriva.

Il cambiamento potrebbe essere portato avanti non nel nome di un’ideologia di stampo fascista ma per venire incontro alla volontà popolare e al suo desiderio di cambiamento in maniera da avere una politica piú vicina alle loro esigenze. La volontà popolare interpretata “correttamente” solo da una persona o da un partito diventerebbe la scusa democratica per ridurre il ruolo delle opposizioni etichettate come politicanti autoreferenti senza un vero consenso alle spalle se non di quei pochi ingenui o approfittatori che li sostengono. Per questo motivo la differenza tra “fascismo storico” e “fascismo eterno” diventa importante e richiede una maniera diversa di combatterlo. Se identificassimo il fascismo solo in quello storico ignorando la sua essenza, circoscriveremmo il fascismo in un ambito molto stretto. Tutto quello che non rientra in questa definizione e non assomiglia al vestito indossato dal fascismo nel secolo scorso, diventa in qualche maniera accettabile anche se al suo intorno porta con se le caratteristiche del fascismo eterno. Nessuno si definirà fascista perché la parola ha un significato sinistro, ma tutti lo saranno nel modo di pensare e agire politicamente senza forse nemmeno accorgersene. In un’epoca dove si fa politica attaccando etichette senza discutere dei contenuti, il fascismo tornerà a disposizione degli elettori con una confezione diversa. Alla stessa maniera bisogna smettere di definire come fascista qualsiasi cosa che non sia di sinistra. Se definissimo tutto come fascista, alla fine nulla lo è banalizzandolo e rendendolo accettabile.

Come allora combattere il fascismo eterno? Come affrontare e battere questo modo di essere e di fare politica?  In altre parole, come essere efficacemente antifascisti al giorno d’oggi? Ingaggiarsi nel dibattito sul fascismo storico ha senso perché è giusto non dimenticare ma bisogna stare attenti a non limitarsi solo a quello.  Bisogna evitare di accostare il fascismo solo alle caratteristiche di un preciso periodo storico in maniera da non dare la possibilitá di definirsi “non fascisti” anche a chi ha un modo di fare politica che contiene gli elementi costitutivi di questa ideologia. Trump e Salvini non sono fascisti se visti e paragonati al ventennio mussoliniano e per loro é facile liberarsi di questa etichetta e apparire legittimamente democratici. Se peró li giudicassimo dal punto di vista del fascismo eterno, non possiamo non concludere che il loro modo di pensare e fare politica rasenta il fascismo. La loro affermazione elettorale non significa che il fascismo è giá tra di noi o che viviamo in una dittatura ma significa che il rigetto del fascismo da parte dei paesi occidentali si stia attenuando o per lo meno viene facilmente aggirato. Il fatto che non usino olio di ricino, non fanno saluti strani e non vestono di nero li ha resi accettabili anche da parte di chi lontanamente pensa di essere fascista proprio perché la discussione sul fascismo é stata incentrata troppo sul fascismo storico.

La lotta al fascismo eterno è destinata alla sconfitta se ci limitassimo solo alle manifestazioni, ai dibattiti storici o alle prese di posizioni perché per politici come Salvini e Trump sará semplice mostrare come loro sono lontani dal senso comune di intendere il fascismo. Oggi essere antifascisti significa combattere contro il fascismo eterno e la maniera con cui esso si manifesta. Oggi essere antifascisti si concretizza nella lotta per una societá aperta e piú giusta. Essere antifascisti significa lottare contro la paura che attanaglia le nostre vite. Il neo liberismo sta distruggendo le classi medie attraverso un’accumulazione di capitale che non ha precedenti se si esclude il decennio anteriore al primo conflitto mondiale (non a caso). La precarietà del lavoro,  la competizione sfrenata tra individui e l’arretramento dello stato sociale stanno generando un clima di paura. Quel clima di paura necessario per il mantenimento di un regime totalitario come ci ha insegato Hannah Arendt. L’incertezza del futuro richiede l’individuazione di un capro espiatorio a cui dare tutte le colpe, lo stesso capro espiatorio utilizzato dal fascismo per arrivare al potere: ieri gli ebrei, oggi gli immigrati. Essere antifascisti significa intraprendere e vincere una battaglia culturale che miri a dimostrare come il diverso non sia un pericolo e il successo finanziario non è l’unica maniera per valutare il valore di una persona. Bisogna battere il senso d’insicurezza parlando alla gente e non ritenere quel bisogno come un qualcosa di poca importanza. Viviamo in una delle epoche più sicure della storia umana eppure la gente vive in un immenso senso di insicurezza. Essere antifascisti significa prendere seriamente in considerazione quel bisogno ma anche far adottare al mondo una maniera diversa di vedere se stesso rigettando un’imposizione cupa creata per essere usata per accaparrare il consenso. In conclusione, essere antifascisti oggi significa tornare a fare politica. Non una politica intesa a vincere soltanto le elezioni, ma una politica che non permetta a quei fantasmi che si agitano nel profondo della natura umana di affiorare rendendo schiavi anche gli spiriti più liberi. Dovremmo forse usare meno la parola fascismo, smettere di usare l’antifascismo solo come un elemento per costruire la nostra identità e tornare a pensare e fare politica per costruire un ponte verso un futuro meno minaccioso.